Il quotidiano post incontra il mio viaggio allucinante nel cibo kossovaro.
Partiamo con la birra Peja. Quest'anno festeggia i quarant'anni di esistenza. E' una birra modesta, quasi sembra non avere dell'alcol al suo interno (o almeno è questo l'effetto che faceva agli Altoatesini).
Il piatto "Art Design" (che porta il nome del locale) per 5 persone. C'era del pane al mais, dei panini fritti ripieni di carne, peperoni piccanti ripieni di carne, involtini di carne macinata e riso avvolti da una foglia d'uva. In mezzo insalata sparsa con l'immancabile cetriolo.
Cena a lume di candela nel villaggio serbo. Piatti fatti rigorosamente in casa con patate, peperoni piccantissimi, frittate, fagioli e salciccia (gustosissima).
La regola dice che più il posto è lurido, più i Cibabcici sono buoni. Questi erano buoni e costavano 20c al pezzo.
Pranzo dalle donne serbe ed albanesi. Tutto a base di pasta sfoglia, omelette, fritto e nuovamente fritto. Buono, ma devastante per i successivi incontri.
Krapfen. Si, avete letto bene. Krapfen.
Cena a base di carne della capitale. Come succedeva ogni volta, quando pensi che le portate sono finite e stai per esplodere perchè volevi assaggiare per forza ogni cosa, ecco che ti arriva la portata di carne.
Una delle poche cose che ero felice di ritrovare a casa era un sistema di alimentazione un po più regolato. Non fraintendetemi, non c'era una cosa una che non era buona. La cucina kossovara è buonissima, ma per tutte le divinità celesti... tanta, decisamente tanta.
Non so per quale assurdo motivo son comunque riuscito a perdere un chilo.
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