Ogni tanto, al nostro centro giovani, io e Giak incontriamo delle persone che hanno saputo che noi abbiamo dei fumetti e diamo asilo a quelli che la gente non vuole più. Queste persone si ripresentano con degli scatoloni chiusi e ce li dona. Noi li smistiamo e troviamo al 90% roba della Disney, 6% altri fumetti e 4% delle cose che non c'entrano un emerita mazza coi fumetti. A me diverte raccogliere quelle cose. In questi (quasi) 3 anni di centro giovani ho trovato dei libri sul Anticristo e cose scritte da scrittori poco raccomandabili. Svariati cataloghi, riviste orrende e... UN NUMERO DE IL PANINARO!
Come dei bambini con un rarissimo tesoro (rarissimo soltanto per loro e la loro fantasia) io e Giak ci fiondiamo sull'antica rivista alla ricerca di stupore e grasse risate. Sia uno che l'altro puntualmente arrivano. La pagina delle fotografie dei lettori è magnifica. Ci sono 5 personaggi. 3 portano i mocassini, una ha il poster di Jovanotti in mutande ed uno è un cane.
Negli anni ottanta i fumettisti avevano parecchio lavoro e nel PANINARO non poteva mancare il fumetto che parla dei paninari. "The Best e la bestia", storia con un messaggio sociale, parla di un tizio più simile ad uno skinhead che ad un paninaro che si aggira per una città facendo il bullo con tutto ciò che incontra. Poi lui, il buffo, viene discriminato ed deve di conseguenza soffrire le pene dell'inferno. Infine succede un quacosa dove della gente è in pericolo e lui li salva. Tutti sono felici e lo acclamano. D'ora in poi lui potrà essere un bullo sopportato dalla società. Fine.
Come dei bambini con un rarissimo tesoro (rarissimo soltanto per loro e la loro fantasia) io e Giak ci fiondiamo sull'antica rivista alla ricerca di stupore e grasse risate. Sia uno che l'altro puntualmente arrivano. La pagina delle fotografie dei lettori è magnifica. Ci sono 5 personaggi. 3 portano i mocassini, una ha il poster di Jovanotti in mutande ed uno è un cane.
Negli anni ottanta i fumettisti avevano parecchio lavoro e nel PANINARO non poteva mancare il fumetto che parla dei paninari. "The Best e la bestia", storia con un messaggio sociale, parla di un tizio più simile ad uno skinhead che ad un paninaro che si aggira per una città facendo il bullo con tutto ciò che incontra. Poi lui, il buffo, viene discriminato ed deve di conseguenza soffrire le pene dell'inferno. Infine succede un quacosa dove della gente è in pericolo e lui li salva. Tutti sono felici e lo acclamano. D'ora in poi lui potrà essere un bullo sopportato dalla società. Fine.
Non mi pare vero che negli anni ottanta si parlava un italiano diverso da quello parlato oggi. "Vaffanturbo", "Zattone imbrunato" e "Reagire è poco igienico" non è un linguaggio che riconosco. Eppure ai tempi avevo l'età giusta per leggere codesta rivista. Mi ricordo che in edicola potevi comperare le toppe per griffare i tuoi vestiti e fingere di essere un paninaro vero.
Nella classifica della musica scopriamo con orrore che dagli anni ottanta ad ora nulla è cambiato se non il fegato di Vasco Rossi.
Infine questa dicitura sull'ultima pagine de IL PANINARO è davvero una chicca. Credo che chi s'inventava i titoli degli articoli, successivamente è entrato nell'industria cinematografica dei traduttori e abbia avuto il compito di storpiare ogni titolo film americano che avesse a tiro in un errata frase in italiano.
Per oggi è tutto. Altre cose sono apparse da questi scatoloni. Magari prossimamente due o tre di queste le recensisco qui.
2 commenti:
effettivamente quei drittoni a S. Babila si erano fatti un linguaggio tutto loro che si prestava una meraviglia al classico gioco dell'afferrare per le terga,ma non era cosi diffuso,gli aderenti all'onda paninara quando tornavano al paesello nell'hinterland, colloquiavano potabile.
curioso ma è passato il mito che fossero molto chiusi desiderosi di escludere chiunque non si conformava al loro modo di apparire,invece praticavano il credo dei Romani e accoglievano tutti gli dei locali(marchi)per cooptare chiunque nel loro fenomeno giovanile,come dire siamo forti siamo tanti perche siete tutti come noi.Continuo a pensare che quella Milano non sia stata per nulla capita.
su un altro blog ho visto le immagini scannerizzate del numero precedente, e ti posso spiegare l'errata corrige: nel pezzo "il ritorno del tamarro" si erano lasciati andare a considerazioni razz-classiste veramente "oltre", invitando i lettori a non fraternizzare con i tamarri -descritti come grezzi, vestiti malissimo e ovviamente meridionali- e le foto di corredo dimostravano per immagini come erano fatti i tamarri. Solo che i soggetti fotografati (nel centro di Milano) avevano avuto sottomano quel numero e si rischiava che una piccola folla inferocita gli desse fuoco alla redazione (il solo pensiero mi suscita un conflitto di emozioni). da qui la necessità di profondersi in scuse...
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