mercoledì 17 luglio 2013

La citazione


C'è stato un tempo dove leggevo parecchio. Spesso optavo sempre per lo stesso scrittore o per un certo filone e ogni volta che finivo un libro ne avevo uno nuovo di zecca a portata di mano. Quindi lo prendevo, lo aprivo ed ogni volta mi arrabbiavo un pochino. La prefazione era lì. M'impediva di iniziare il libro. Mi obbligava sfogliarla per giungere dove volevo giungere. Le prefazioni non le concepivo. Queste terze persone che dovevano dire qualcosa sul libro senza svelare il contenuto. Che noia. Lasciami affrontare il libro da solo. Anche con tutti gli sbagli che posso fare. Alla fine ogni libro è in parte un costrutto mentale del lettore. Io sono uno che immagina e voglio continuare ad immaginare.
Sfoglio le pagine della prefazione e giungo alle dediche. Quelle lo ho sempre lette e solo dopo 30 anni riesco a capire a fondo che gli scrittori dedicano le loro opere alle cose più terrene possibili. A vent'anni pensavo che tutti dovessero dedicare le proprie cose ad esseri innaturali, astratti, a concetti, al mezzo. Alla follia e al pensiero critico. 
Letta la dedica arrivo alla citazione. La stramaledetta citazione. Qualcuno mi può spiegare perchè si dovrebbero citare le parole, per quanto coerenti, belle, significative e/o spartiacque possano essere, di una terza persona? 
Ho scoperto una cosa. 
Le citazioni fanno male. 
Danno l'idea che chi le abbia scritte le abbia anche rispettate. Ci sono troppe varianti da considerare. Il tempo ed il luogo. L'indole, la sanità mentale. La coerenza improbabile della persona più coerente del mondo. Le frasi dette e poi divenute citazioni sono degli attimi e mai verità assolute. Mai.
Oggi sono così. Domani sono così, ma diverso.
Le citazioni mi hanno dato l'idea che la gente le usi per pigrizia. Soprattutto oggi come oggi dove nei social network il 50% delle frasi sono citazioni altrui (con o senza autori menzionati).

Ai tempi ho deciso di non usare mai e poi mai le citazioni altrui. Ammetto che col passare del tempo non ho mantenuto fede a questa mia decisione e di aver usato qualche citazione qua e la. Poi ho cominciato a scriverle io e ha funzionato. Poi me le ha scritte un emerito sconosciuto. Da quel giorno nel 2005 uso soltanto le citazioni di Roman Leitmotiev.
Perchè?
Perchè di si.

Ho sviluppato parecchi progetti basati sulle citazioni, su filosofie spicciole, su finte verità, sul gioco con le parole ed il giocare con le lettere e gli effetti visivi che esse formano nella mente dei lettori (distratti).

Come?
"Perchè di si" non è una risposta?
Io sono come una citazione. Oggi così e domani così, ma diverso. Ecco "perchè di si".

1 commento:

Beatrice Zeo Bovo ha detto...

Ho appena cominciato un libro. Ho letto la prefazione e quando credevo di averla finita ce n'era un'altra, e poi un'altra ancora. E dicevano tutte e tre la stessa cosa, oltretutto. Eppure ho questa ossessione, sono convinta che dovrei leggere anche il codice a barre...
I ringraziamenti è giusto che ci siano, ma sicuramente non sono lì per me... eppure leggo anche quelli, una bella sfilza di nomi a caso! Ma sì, così.
Non trovo che le citazioni siano una piaga tale, credo che siano solo frasi messe in spazi vuoti che cerchino di lanciarti nel mood adatto. Poi che ci riescano o no è un altra questione...